martedì 21 novembre 2006


Stare nella propria stanza e non riuscire a sentirsi bene. Rovistare fra le cose di una vita, in cassetti che non aprivi da anni, fra oggetti caduti in disuso.
Cercare sintomi della tua presenza, un appiglio che ti ricordi che stai vivendo.
Foto. Persone care, amici e foto scolastiche, soprattutto.
Dio, il fotografo freak con i capelli bianchi.

Un cancello automatico si apre inesorabile nella tua testa. Ricordi. Luoghi conosciuti, persone di cui dimenticavi l'esistenza, vecchie amicizie. Ti chiedi di loro, di come la parabola delle vostre vite si sia progressivamente allontanata. Ti soffermi sulla tua persona. Non riesci quasi a riconoscerti. Come il più incallito dei pensionati, hai in mente un solo aggettivo per definire la tua proiezione in quell'immagine : "giovane".

Giovane anche se non hai vissuto niente.
Anche se non hai capito un cazzo.
Anche se ti identificano con quella parola nei giorni che vivi adesso.
Anche...

E' tempo di riporre le foto.

T.


Viaggio numero x.



Il verbo essere viene a mancare.

I suoni non vengono più percepiti dall'apparato uditivo, nessuna immagine per i tuoi occhi, nessun oggetto per le tue mani, nessun appoggio per i tuoi piedi.Ogni muscolo del corpo si rilassa: impotente.Volgi lo sguardo in ogni direzione e non trovi niente di meglio che il buio, cerchi,cerchi,ti dimeni cercando un appiglio,non lo trovi.Il battito cardiaco sale.Le mani tra i capelli, lo sguardo spiritato.Perduto.

Ripresa della coscienza.

Come risucchiato torni nel mondo materiale, un respiro di sollievo.Il battito riprende un andamanto quasi regolare, ti alzi dalla sedia e cominci a camminare senza una meta, toccando prima una porta poi un muro poi un mobile poi te stesso, ti guardi le mani, ti tocchi il viso. Ti ritrovi davanti ad uno specchio, alzi lo sguardo lentamente quasi a non voler vedere cosa riflette. Lo vedi. Sgomento.
S.